Rocca di Travaglia |
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Cuore della castellanza di Travaglia era la rocca di Caldè, inserita in un sistema di fortificazioni che costellava la zona a nord di Milano. Sulla rupe di Caldè si ergeva la rocca di Travaglia, detta anche castello di Veccana, originariamente parte della linea di fortilizi longobardi posti a deifesa delle strade che scendevano dai passi alpini. Sotto la pressione delle invasioni ungare del X sec., il torrione preesistente venne trasformato in un castello inespugnabile a difesa della popolazione. La Rocca fu teatro delle lotte di potere tra Berengario II e Ottone I, imperatore germanico, quando i figli di Berengario , Guido e Adalberto qui si attestarono per l'ultima vana resistenza contro l'impero per un libero regno d'Italia. Nel 962 nelle acque tra Caldè e Germignaga, si svolse una battaglia navale, poi vinta dalla flotta di Ottone I. Nel 964, dopo un lungo assedio, la Rocca fu conquistata dalle truppe dell'imperatore. Ottone I concesse il castello di Travaglia e i castelli circostanti (sino a Mesenzana) in feudo all'arcivescovo di Milano, Valperto come premio per la sua fedeltà. Gli Arcivescovi di Milano nominarono castellani della Rocca di Travaglia, nel 1261 Francesco e Quirico Sessa nel 1261 e un altro Francesco nel 1294. I Sessa, nobile famiglia di stirpe longobarda originaria del Malcantone, grazie all'alleanza coi Visconti, nel 1277 entrarono a far parte del patriziato milanese, privilegio confermato nel 1377 al ramo stabilitosi nel vicino comune di Brezzo di Bedero, in località Sarra. I Sessa ebbero una notevole ramificazione che produsse, fra le più illustri, le linee dei Sessa di Daverio (tuttora viventi) e dei Cannobio Sessa di Ticinallo (estinti). Nel XIII sec. l'arcivescovo Ottone Visconti la ampliò e ristrutturò. Dagli statuti di Travaglia del 1283, sappiamo che il castello doveva essere piuttosto grande, con mura, torri, un palazzo fortificato, siepi spinose e palizzate, cisterne e magazzini, e collegato, tramite una scalinata, ad un punto d'imbarco ai piedi della rocca. Nel XIV sec. molti possedimenti arcivescovili passarono nelle mani dei Visconti, duchi di Milano, che nel 1416 concessero in feudo Luino e la Valtravaglia ai conti Rusca e la Valcuvia ai Cotta. All'inizio del XVI secolo lo stato di disfacimento del ducato di Milano favorì le mire espansionistiche degli Svizzeri che si impossessarono di Lugano e di Locarno; Locarno era feudo dei conti Rusca e i Confederati Elvetici ritennero territori direttamente legati a Locarno, Luino e la Valtravaglia in quanto possedimenti dei Rusca. Uno dei maggiori ostacoli alla nuova espansione elvetica era la presenza, nelle terre rimaste ai Rusca, della rocca di Valtravaglia. Prevedendo l'invasione elvetica, agli inizi del 1513, i conti Rusca avevano inviato un contingente di armati a rincalzo della guarnigione di tale fortezza. Avutane notizia, gli Elvetici mandarono al duca una minacciosa missiva con la quale ingiungevano al «castellano de la rocha de Valtravaglia» di espellere i fanti mandati dai Rusca e di «rendere a noi la rocha»; nel caso si fosse verificata «molestia in grado alcuno alli homini et suditi della plebe di Valtravaglia» avrebbero fatto «tale demostratione che sarà in perpetua memoria». Il 7 maggio 1513 gli Svizzeri distrussero la rocca col pretesto che «la gente del castellano» aveva usato violenza a «certa femina» la quale, secondo l'inviato milanese Francesco Stampa, «per quanto intendemo era meretrìa pubblica». Nel settembre 1515 gli Elvetici venivano sconfitti a Marignano dall'esercito francese condotto da Francesco I. Dopo la parentesi elvetica, il feudo passò ad altre famiglie fra cui i Borromeo, poi ancora i Rusca, i Marliani , i Morigia e ultimi i Crivelli fino a quando con la repubblica Cisalpina (1797) si giunse alla soppressione dei feudi. I ruderi della rocca Travaglia 'scomparvero' nel primo ventennio del novecento allorché venne realizzato sul promontorio il monumento ai caduti. Rimase la cappella di Santa Veronica, originariamente inserita nella cinta del castello, e in seguito più volte ampliata.
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