Si arriva al Castello di Cuasso, il Castelasc, percorrendo la strada che da Cuasso al Piano conduce a Cuasso al Monte. Prima del campo sportivo di Borgnana si imbocca la strada di accesso alle Cave Bonomi e sulla destra, su un rilievo, si vedono i ruderi del castello.
Il castello aveva una posizione chiave nel sistema difensivo del Ceresio essendo in comunicazione con quello di Morcote a nord e a sud con Pogliana e Sant'Elia.
Probabilmente giocò un ruolo importante nel sec. XII durante le lotte tra milanesi e comaschi. E forse fu proprio per queste lotte che venne distrutto.
La costruzione occupa per intero la collina di Cuasso, seguendo la direttrice nord-sud, e occupa un'area di circa 3500 metri quadri, con un perimetro che si sviluppa su circa 400 metri. Il mastio, in posizione di controllo della gola proveniente dalla valle, risulta visibile, per chi proviene da sud, anche da una decina di chilometri, pur essendo localizzato in una posizione defilata: questo ne attesta l'importanza strategica.
Il castello era in origine composto da quattro piani distinti con un tetto merlato, alla guelfa, mentre sulla parete ovest si appoggiava una piccola torre al cui interno correvano le scale per raggiungere tutti i piani. Il mastio si presentava come la prora di una nave e probabilmente sulla scomparsa parete sud non vi erano accessi, ma solo finestre. Da quel punto poteva facilmente controllare la sottostante strada con un indubbio vantaggio strategico dovuto alla maggiore altezza.
Alle spalle del mastio in direzione nord il castello si apriva a ventaglio, con un angolo di circa 15°, con un cortile pianeggiante nel cui interno in successione si ergeva ad ovest la Chiesa di San Dionigi, santo di origine franca attuale patrono di Parigi, e a est forse la chiesa di Sant'Ambrogio, i cui ruderi non permettono una chiara identificazione.
La chiesa di San Dionigi aveva due accessi, uno, quello ovest principale, che si apriva all'esterno del castello ed un altro sulla parete sud che dava nel cortile. Questo fa supporre che la tale chiesa fosse la parrocchiale di un villaggio di legno, oramai scomparso, che sorgeva intorno e ai piedi della collina. La parte ovest era anche quella meglio difendibile. Sulla parete sud-est poco più a nord della presunta chiesa di Sant'Ambrogio, si apriva invece la porta carraia principale il cui ingresso era probabilmente accompagnato da una rampa di legno fissa o mobile, in considerazione del dislivello di parecchi metri che la separava dalla antica strada. Proseguendo verso nord si trovano ruderi di edifici non meglio identificati, forse magazzini o botteghe.
Il culmine del poggio è interamente occupato dalla poderosa rocca di nord-est. Essa è la parte più antica del castello, sicuramente di epoca romana faceva parte del sistema delle torri di segnalazione di cui era disseminato l'Impero. I Longobardi non fecero che ampliarla in seguito.
Dalla parte più alta del poggio è possibile osservare tutta la porzione meridionale del Lago di Lugano, operazione non fattibile dal mastio.
L'accesso alla rocca di Nord Est rimane difficoltoso per il dislivello e per la presenza di una fitta vegetazione che ne ostacola il cammino. La rocca fungeva da privilegiato punto di osservazione, tanto da essere utilizzata anche nel corso della prima guerra mondiale, inserendola nella linea Cadorna e di una virtuale imprendibilità.
La parte occidentale invece rimane al livello del mastio, con un ulteriore cortile protetto da mura da quale si accede poi a settentrione a Porta Nord, sicuramente munita di ponte levatoio. Tra il cortile nordoccidentale e la rocca di nord-est si sviluppavano una serie di terrazzamenti, in parte ancora presenti, sui cui pavimenti sorgevano probabilmente costruzione di legno ed anche di pietra.
Di certo dai pochi scavi e studi condotti in loco hanno appurato che si trattava di un castello posto sull'antica via che portava da Milano ai valichi alpini del San Bernardino e del San Gottardo. La sua edificazione al vertice di una gola in forte pendenza lo rendeva di fatto inespugnabile e chiave dell'intera viabilità dell'epoca romana e medievale. La sua prossimità al fiume Cavallizza, nelle cui vicinanze si trovavano miniere di argento, di piombo e, in misura molto minore, d'oro fanno supporre anche una sua importanza economico nel controllo delle risorse telluriche.
La torre più antica di epoca gallo-romana venne ampliata in epoca longobarda secondo una insolita pianta, i cui unici raffronti si possono trovare nel Castello di Warkworth in Northumberland (Regno Unito) e nell'oramai scomparso Castello di Trecate. Si sa per certo che l'attuale castello inglese sorge su un preesistente insediamento sassone ricalcandone la forma. Per tale motivo, è stata ipotizzata una edificazione da parte di maestranze sassoni.
Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum narra di circa 20.000 sassoni discesi insieme ad Alboino nella primavera del 568. Si sa poi che nel 588 d.C. venne combattuta una battaglia tra Longobardi e Franchi e che i Longobardi vennero "sulle rive della palude o stagno Ceresio".
I Sassoni vantavano una comune ascendenza con i Longobardi, avendo risieduto entrambi nel I secolo d.C. nella zona estrema settentrionale della Germania romanizzata, lungo il corso del fiume Elba. Nel 734 una parte di ventimila arimanni, a causa di disaccordi con il potere centrale longobardo, si allontanarono dall'Italia. Il Castello fu sicuramente un presidio militare della via che conduceva da Como al Gottardo in quanto, prima della costruzione del ponte di Melide la strada principale passava attraverso di esso.
Fu parte poi del Contado del Seprio per essere poi abbandonato definitivamente verso il XIII secolo. Le cappelle esistenti furono utilizzate fino al sec. XVI, quando venne costruita la nuova parrocchiale di Sant'Ambrogio a Cuasso al Monte. Le due chiese del castello vennero allora abbandonate e si trasportarono a Cuasso i morti che riposavano nel cimitero annesso alla cappella di San Dionigi.
Ebbe nuovamente funzione di punto di osservazione e di stalla all'epoca della costruzione della Linea Cadorna.
su Terra Insubre Matteo Colaone - In cima ai colli: l'oblio del Castelasc di Cuasso - part 1; part 2
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